Galleggianti
L’opera si divide in due libri e contiene 19
proposizioni in tutto, relative alla
immersione, totale o parziale, di un corpo
solido in un liquido, distinguendo i vari
casi in cui il “peso specifico” (anche se
non viene utilizzato questo termine) del
corpo sia maggiore, minore o uguale a quello
del liquido. La conoscenza del testo dei
galleggianti è possibile grazie alla
traduzione latina di Guglielmo di Moerbeke.
Questa era stata condotta sulla base di un
unico manoscritto
greco (il codice B) che non conteneva però
tutte le dimostrazioni delle preposizioni e
molte dimostrazioni erano incomplete.
Inoltre sono presenti gravi errori di
copiatura dovuti allo scriba del codice B o
a Moerbeke stesso, per cui, per esempio, del
postulato
che Archimede pone all’inizio del primo
libro, ci sono giunte due differenti
versioni
In
questo
libro Archimede dimostra il famoso principio
che porta ancora il suo nome “Un
corpo immerso in un liquido riceve una
spinta dal basso verso l’alto pari al peso
del volume di liquido spostato” .
L’aneddoto
sulla corona del re, all’origine di questo
principio, è rimasto famoso per la celebre
affermazione “Ereka”
che significa “Ho
trovato” pronunciata da Archimede dopo
la sua scoperta. Il racconto ci è stato
tramandato da Vitruvio, scrittore romano. Il
re Gerone II aveva chiesto ad Archimede di
risolvergli il seguente problema. Il re
aveva fatto fondere una certa quantità d’oro
per ricavarne una corona ma temeva che
l’artigiano avesse sottratto parte dell’oro
e l’avesse sostituito con materiale meno
pregiato, come argento. Essendo la corona
consacrata, non era lecito sezionarla per
verificare se il materiale impiegato
dall’artigiano fosse stato davvero tutto oro
oppure solo una lega. Il re allora si
rivolse ad Archimede affinchè trovasse un
modo per capire cosa fosse realmente
accaduto. Un giorno mentre lo scienziato
stava facendo
il bagno notò che quanto più il suo corpo si
immergeva nell’acqua tanto più il livello
del liquido si alzava: fu questa osservazione
a fornirgli la soluzione. Per l’entusiasmo
Archimede si precipitò nudo per strada
gridando “Eureka” e subito, una volta
arrivato a casa, si mise all’opera. Bastava
porre in una vasca una quantità d'oro puro
di peso pari a quello della corona e poi
riempire la vasca fino all'orlo. Bisognava
poi togliere l'oro e immergervi la corona.
Se nella corona ci fosse stato anche
argento, che a parità di peso occupa un
volume maggiore di quello dell'oro, l'acqua
sarebbe fuoriuscita dalla vasca; Archimede
riuscì così a provare che la corona non
era
tutta di oro! L’aneddoto racconta però, un
evento che non può essere accaduto
veramente. Supponendo infatti
che
la corona pesasse circa un
chilo e che l’orafo avesse sostituito il 30%
dell’oro con l’argento, il livello
dell’acqua sarebbe salito di 0.41
millimetri, quantità certamente non
rilevabile con gli strumenti dell’epoca.