I poliedri semiregolari


eeNel XIII libro degli Elementi diEuclide (fine IV, inizi III sec. a.C.) troviamo una prima trattazione matematica dei poliedri regolari; in particolare nell'ultimo capitolo del suo libro, Euclide dimostra si possono costruire solo cinque poliedri regolari regolari. Anche Archimede (287-212 a.C.) si occupa di poliedri, ma di quelli semiregolari, che in suo onore vengono chiamati archimedei, dimostrando che anche per essi c’è un numero limitato di  possibili costruzioni, solo 13.

La scoperta dei poliedri semiregolari effettuata da Archimede è arrivata fino ai giorni nostri grazie al matematico greco Pappo di Alessandria, vissuto agli inizi del IV secolo d.C.. Pappo, intorno al 320 a. C., scrisse l’opera “Collezioni matematiche”, in cui raccoglie, in modo completo e sistematico, le conoscenze matematiche dell’epoca, riportando talvolta interi brani di opere che sono poi andate perdute; in particolare nel libro V l’autore attribuisce ad Archimede la composizione di un trattato sui tredici poliedri. In seguito Pappo procede con la descrizione dei singoli poliedri.            
Riportiamo un passo, tratto da una traduzione inglese, del V libro della sua opera:
“Although many solid figures having all kinds of surfaces can be conceived, those which appear to be regularly formed are most deserving of attention. Those include not only the five figures found in the godlike Plato, that is, the tetrahedron and the cube, the octahedron and the dodecahedron, and fifthly the icosahedron, but also the solids, thirteen in number, which were discovered by Archimedes and are contained by equilateral and equiangular, but not similar, polygons.” 
“Anche se molte figure solide possono essere concepite con tutti i tipi di superfici, quelle che sembrano essere di forma regolare sono più meritevoli di attenzione. Queste comprendono non solo le cinque figure presenti nel divino Platone, che è, il tetraedro e il cubo, l'ottaedro e il dodecaedro e l'icosaedro in quinto luogo, ma anche i solidi, tredici di numero, che sono stati scoperti da Archimede e sono contenuti da equilateri e equiangoli, ma non simile, poligoni.”

Successivamente i poliedri di Archimede sono stati studiati da altri matematici, come Keplero (1571–1630), che li descrisse tutti nell’opera Harmonices mundi dimostrando che ne esistono tredici di essi. Keplero è stato il primo a rappresentarli come un gruppo e ad attribuire loro i nomi moderni.