Sull'equilibrio dei piani


"Datemi un punto di appoggio, e io vi solleverò il mondo"                    Archimede

rrQuest'opera, composta da due libri, può essere definita un trattato di statica; in essa troviamo la famosa legge di equilibrio delle leve e il calcolo del centro di gravità (baricentro) di varie figure geometriche.  Questo non è però il più antico testo di fisica: Aristotele, infatti, quasi un secolo prima, aveva pubblicato un'opera intitolata appunto Fisica. C’è tuttavia una notevole differenza tra le due opere: Archimede cerca di matematizzare la realtà fisica, aspetto assente nell’opera del famoso filosofo.


Anche se Archimede nei due libri parla di pesi e di grandezze (come aveva tra l’altro già fatto Euclide nel Libro V degli Elementi), le applicazioni meccaniche riguardano quasi esclusivamente corpi geometrici. Egli si accosta per primo alla matematica applicata, sviluppando un’opera che potremmo modernamente definire di meccanica razionale,  tenendo così conto, almeno inizialmente, di quelle che erano le indicazione di Platone secondo il quale i matematici dovevano coltivare i loro studi tenendosi nell’ambito della teoria pura, disdegnando ogni applicazione pratica della matematica. Ma una volta trovati i principi generali, Archimede li applica nella risoluzione di molteplici specifici problemi d’ingegneria, nella costruzione di vari strumenti e note macchine da guerra, oltre che per determinare, all’interno del Metodo, l’area di un segmento parabolico e il volume di una sfera.


Nel primo libro dell’opera Archimede si concentra sul principio di equilibrio della leva; egli non fu certamente il primo studioso a occuparsi di questo argomento e neanche il primo a enunciarne i principi generali, ma il suo modo di svilupparlo e i risultati raggiunti sono a dir poco unici per il suo tempo. 
Già in diversi scritti aristotelici si trova il seguente principio: "Due pesi posti su una bilancia si trovano in equilibrio quando sono inversamente proporzionali alle rispettive distanze dal fulcro", che ritroviamo anche nell’opera archimedea, dedotto però con ragionamenti statici.       
In questa, come in altre opere, Archimede utilizza l’approccio euclideo: enuncia prima una serie di definizioni e di proposizioni che chiede di accettare come vere (come dei postulati) e da queste deduce logicamente le proposizioni (teoremi) presenti nel resto dell’opera. I primi “postulati” sono:    

I Chiediamo (che si ammetta) che pesi uguali (sospesi) a distanze uguali si facciano equilibrio; che pesi uguali (sospesi) a distanze diseguali non si facciano equilibrio, ma producano pendenza dalla parte del peso che di trova a distanza maggiore.


II Che se dati pesi che si facciano equilibrio essendo sospesi a certe distanze, si aggiunge qualcosa ad uno dei pesi, non si abbia più equilibrio, ma pendenza dalla parte del peso al quale si è fatta l’aggiunta.


Da questi e dalle proposizioni successive, Archimede giunge a dimostrare, nelle Proposizioni 6 e 7 del primo libro, il famoso principio sull’equilibrio della leva.       

Proposizione 6:       
Le grandezze commensurabili sono in equilibrio se sospese a distanze inversamente proporzionali ai pesi.  
           
Proposizione 7:       
E anche se le grandezze sono (tra loro) incommensurabili, similmente manterranno l’equilibrio se sono poste a distanze inversamente proporzionali alle grandezze

Modernamente diciamo che i due pesi sono in equilibrio se i momento delle forze applicate, rispetto al fulcro, sono uguali. Detti P1 e P2 i due pesi, b1 e b2 i rispettivi bracci (braccio=distanza del fulcro O dalla retta d’azione della forza peso), il sistema è in equilibrio se M1=P1b1=P2b2=M2   

Archimede applica tale Principio nella realizzazione di diversi dispositivi o macchine da guerra. Utilizzando una leva è infatti possibile sollevare corpi molto più pesanti di quanto non si riesca a fare con la sola forza muscolare; questo perchè  per realizzare l’equilibrio, basta aumentare il braccio della forza meno intensa (cioè aumentare la distanza della forza agente dal fulcro) per aumentare il suo momento in modo da eguagliare quello di una forza più intensa, posta più vicino al fulcro.  

La scoperta archimedea di questa relazione viene narrato in una leggenda riferitaci da Plutarco: Archimede riuscì a varare la grandiosa nave "Syracusia" fatta costruire da re Gerone, con solo la forza delle proprie braccia e sfruttando proprio il Principio della leva; sarà proprio lo stesso re ad esclamare incredulo che :"D’ora in avanti Archimede dovrà essere creduto in ogni cosa che dirà".          

Sempre Plutarco ci riferisce  la famosa affermazione dello scienziato siracusano, "Datemi un punto di appoggio, e io vi solleverò il mondo". Con questa frase Archimede intendeva dire che una leva avrebbe potuto, in teoria, moltiplicare le sue forze fino a farle diventare talmente intense da permettergli di sollevare persino il mondo.                                                                                           
Per quanto riguarda il calcolo del baricentro  di una figura ricordiamo le proposizioni relative al
centro di gravità del triangolo e di un segmento di parabola (EP.13 e 14 I e EP. 4.II), proprietà che gli saranno poi utili nelle dimostrazioni presenti nel Metodo.  

Proposizione 13, Libro I: Il centro di gravità di ogni triangolo si trova sulla retta condotta dal (vertice di un) angolo al punto medio della base.


Proposizione 14, Libro I: Il centro di gravità di qualunque triangolo è il punto nel quale si incontrano le rette condotte dai vertici sui punti di mezzo dei lati.


Proposizione 4, Libro II: Il centro di gravità di un qualunque segmento (parabolico) compreso da una retta e da una sezione di un cono rettangolo si trova sul diametro del segmento.